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di Livia Frescobaldi Malenchini

Il Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia: un patrimonio da salvaguardare.

Il Museo di Doccia può tornare ad assumere il ruolo di centro culturale e di formazione che lo ha caratterizzato per quasi tre secoli di storia nazionale.

Il Museo di Doccia a Sesto Fiorentino, nei pressi di Firenze, è stato chiuso al pubblico nel maggio del 2014 a seguito del fallimento nel 2012 della precedente proprietà della Richard-Ginori 1735 s.p.a che deteneva il 100% dell’edifico e della collezione museale.
Nel 2013 la società Kering si aggiudica il bando d’asta e acquisisce il ramo produttivo d’azienda e il marchio Richard-Ginori, mentre il Museo resta nelle mani della curatela fallimentare, non essendo stato incluso nella compravendita. Malgrado questi delicati passaggi aziendali, per più di un anno l’attività museale prosegue senza interruzione, in un fervore di studi e ricerche che daranno vita a due importanti mostre promosse dall’Associazione Amici di Doccia: Lusso ed eleganza. La porcellana francese a Palazzo Pitti e la manifattura Ginori 1800-1830, a cura di Andreina d’Agliano, al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti (Firenze, 2013) e Gio Ponti e la Richard-Ginori: una corrispondenza inedita al Museo Marino Marini (Firenze, 2014).

In assenza di offerte di acquisto, il curatore fallimentare decide nel maggio del 2014 di chiudere definitivamente il Museo, mantenendo le spese minime necessarie relative all’assicurazione, alla sorveglianza, all’impianto d’allarme e assecondando le molteplici richieste di prestito provenienti da diverse istituzioni museali, che sottolineano, una volta di più, quanto il patrimonio museale sia una risorsa importante e continua fonte di conoscenza, di informazioni e di studio.

Oggi siamo in attesa di un bando di asta, che dovrebbe essere pubblicato a breve, e che delineerà il futuro del Museo. La collezione museale e l’edificio stesso sono vincolati in blocco, per cui non vi è pericolo di dispersione delle opere o di frammentazione della collezione. Ma il prolungarsi dei tempi ha portato ad un deterioramento delle condizioni minime di tutela delle opere mettendone a rischio la conservazione. Si è reso pertanto necessario, a seguito d’infiltrazioni d’acqua che avevano colpito già alcuni volumi della  Encyclopédie di Diderot, trasferire immediatamente l’Archivio Storico della manifattura in ambienti adeguati con climatizzazione controllata. Grazie alla collaborazione con la Sovrintendenza archivistica di Firenze e alla disponibilità dell’Archivio di Stato di Firenze è stato così possibile depositare l’Archivio presso i loro spazi, permettendo non solo di salvarlo ma altresì di consentire agli studiosi di proseguire l’attività di ricerca, compito prioritario per un’istituzione museale.


"Ora urge salvare la preziosa collezione di gruppi e sculture in cera, databile al XVIII e XIX secolo, conservata nei depositi del museo: circa un’ottantina di modelli tratti dall’antico e da opere d’importanti artisti come il Giambologna, Soldani Benzi, Foggini, Piamontini, Ticciati ed altri ancora."


Ora urge salvare la preziosa collezione di gruppi e sculture in cera, databile al XVIII e XIX secolo, conservata nei depositi del museo: circa un’ottantina di modelli tratti dall’antico e da opere d’importanti artisti come il Giambologna, Soldani Benzi, Foggini, Piamontini, Ticciati ed altri ancora. E’ una testimonianza unica al mondo che rischia di essere compromessa per sempre. Questo perchè l’umidità presente nel deposito interagisce con il gesso di cui sono riempite le cere, gonfiandolo e andando a creare spaccature in superficie. Inoltre l’assenza di ricambio d’aria crea un ambiente prolifico per i microorganismi, funghi e muffe, che attaccano le cere. E’ necessario intervenire immediatamente, spostare le cere dal deposito, farle asciugare, poi ripulirle dalle spore fungine e dalla muffa. Una volta ripristinato lo stato originario occorrerà inserirle in apposite scatole con isolante termico che le preservi per gli anni a venire.

Per realizzare questo progetto è indispensabile trovare, in tempi necessariamente brevi, uno o più soggetti disponibili a contribuire alla copertura delle spese necessarie per tutelare queste opere d’arte (per informazioni sul progetto si può scrivere a info@amicididoccia.it).
Per capire l’importanza del patrimonio conservato nel Museo di Doccia bisogna ripercorrere quasi 280 anni di storia del gusto e del collezionismo internazionale. Si tratta di un vero e proprio giacimento culturale che si è sedimentato nei secoli, che è cresciuto di pari passo alla manifattura Ginori. Sarebbe gravemente riduttivo pensare che il Museo sia espressione solo di una produzione legata a un marchio commerciale di servizi da tavola, piatti e tazzine. E’ vero, infatti, il contrario. Esso racchiude la memoria di una storia che inizia in un periodo particolare per Firenze. L’ultimo erede della dinastia dei Medici, Gian Gastone muore nel 1737 e il nuovo regnante, Francesco Stefano di Lorena diventa Imperatore d’Austria nel 1745 e si trasferisce a Vienna. In questi anni il fondatore Carlo Ginori raccoglie una quantità di modelli e calchi in gesso, acquistati dagli eredi degli scultori del tardo barocco fiorentino, dando vita al primo nucleo dell’importante collezione museale composta e arricchita nel corso dei secoli, e costituita da forme in gesso (alcune centinaia ancora in attesa di una catalogazione), circa 1200 modelli in gesso, circa 8000 opere in ceramica, terracotta, cera e piombo, oltre alle circa 7000 lastre per la decalcomania e la cromolitografia.
Per la varietà dei materiali conservati, e la completezza della documentazione storica di volumi a stampa, disegni, incisioni, spolveri e carteggi, il patrimonio del Museo di Doccia rappresenta un unicum nel panorama internazionale, difficile trovare esempi di altrettanta ricchezza e continuità storica.


"Inaugurato nel 1965, su progetto dell’architetto Pier Niccolò Berardi, il Museo di Doccia si sviluppa su circa 2000mq di superficie suddivisi su due piani."


Inaugurato nel 1965, su progetto dell’architetto Pier Niccolò Berardi, il Museo di Doccia si sviluppa su circa 2000mq di superficie suddivisi su due piani. Al piano terreno si trova il deposito, l’archivio storico con la biblioteca moderna, gli uffici ed una sala centrale più grande destinata  all’esposizione della produzione corrente e utilizzata anche come sala conferenze. Al primo piano una grande galleria con vetrate sul giardino separa due stanze isolate, in una si trovano conservati parte dei gruppi in cera, nell’altra, le opere più rappresentative eseguite sotto la direzione artistica di Gio Ponti. Nella galleria centrale un’alternanza di vetrine racchiude esemplari della produzione di porcellane e maioliche dal Settecento agli anni ’90 del Novecento.

Il Museo è tra i primi musei d’impresa italiani, categoria che prese forma nel nostro Paese proprio alla fine degli anni ’50, quando le imprese iniziarono ad aprire al pubblico i loro archivi con gli oggetti ed i prodotti che oggi sono considerati veri e propri patrimoni culturali nazionali. Nel 1958 aprì il Museo della Calzatura a Vigevano, nel 1960 fu il turno del Museo dell’Automobile a Torino e nel 1965 appunto quello del Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia. Tuttavia le origini del Museo sono ben più antiche. Carlo Ginori già nel 1754 aveva creato una Galleria nella Villa Buondelmonti, da lui acquistata quando avviò la manifattura di porcellane, vicina alla Villa di Doccia (quest’ultima di proprietà della famiglia Ginori dal 1500, da cui il nome della produzione), proprio con lo scopo di esporre le opere realizzate dalla sua manifattura e soprattutto ammirare le sculture di dimensioni quasi al naturale, che potevano rivaleggiare solo con quelle prodotte a Meissen, in un’ottica di promozione che rivela il suo spiccato spirito imprenditoriale. Nella seconda metà del XIX secolo, il Museo viene aperto al pubblico in giorni e orari prestabiliti, diventando rapidamente un punto di riferimento culturale per chiunque fosse in visita in Toscana. Solo a metà del Novecento la Richard-Ginori (dal 1896 Augusto Richard aveva acquistato la manifattura Ginori) decise di trasferire la produzione e il museo nel terreno dove si trova tuttora nella piana di Sesto Fiorentino.

Ora che il Museo si trova nella descritta situazione d’incertezza, con una collezione notificata e vincolata all’edificio che la racchiude, un immobile ormai obsoleto che necessita di considerevoli interventi di ristrutturazione, dovuti anche alla trascuratezza delle precedenti proprietà che negli ultimi 13 anni sono cambiate ben tre volte, un Museo dichiarato dal Ministero “un complesso di eccezionale interesse storico e artistico”, sarebbe di grande aiuto che potesse beneficiare dei vantaggi fiscali contenuti nel Art Bonus. Ciò rappresenterebbe un importante incentivo e un valido contributo per chiunque pensasse di acquistarlo, sistemarlo e riaprirlo al pubblico.


"Dovrà attivare sinergie con realtà già esistenti sul territorio, diventare un centro di eccellenza per la formazione e il restauro della porcellana, dar vita a laboratori didattici per le scuole..."


L’auspicata riapertura dovrà permettere al Museo di vivere una nuova fase, non limitata alla sua fruizione pubblica. Dovrà attivare sinergie con realtà già esistenti sul territorio, diventare un centro di eccellenza per la formazione e il restauro della porcellana, dar vita a laboratori didattici per le scuole, incentivare attività di ricerca e rientrare nel progetto di città metropolitana che si sta realizzando intorno a Firenze.

Per il patrimonio che custodisce e per le potenzialità di sviluppo sul territorio, unite alla contiguità con lo stabilimento ancora attivo, il Museo di Doccia non può non essere salvaguardato e tutelato affinché possa tornare ad assumere il ruolo di centro culturale e di formazione che lo ha caratterizzato per quasi tre secoli di storia nazionale.