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di Gianluca Bocchi

IL RITORNO DEGLI IMPERATORI NEL PALAZZO DUCALE DI SABBIONETA

Un prezioso contributo alla rilettura dello spazio architettonico che restituisce all’ambiente parte dell’atmosfera che l’aveva caratterizzato per circa due secoli, dal 1585 al 1774.

Quando, nel nono decennio del XVI secolo, Bernardino Campi ricevette da Vespasiano Gonzaga l’ordine di realizzare una serie di dodici dipinti su tela raffiguranti altrettanti imperatori romani da collocare nel Palazzo Ducale di Sabbioneta, l’artista cremonese aveva certamente ancora chiaro il ricordo del suo viaggio a Mantova compiuto più di venti anni prima. Francesco Ferdinando d’Avalos, marchese del Vasto e Governatore di Milano, lo aveva infatti voluto al seguito in occasione delle nozze del duca Guglielmo Gonzaga con Eleonora d’Austria, figlia dell’Imperatore Ferdinando d’Asburgo, nell’aprile 1561.
Il biografo Alessandro Lamo narra che il pittore e il governatore rimasero folgorati alla vista degli undici Cesari dipinti da Tiziano per il duca Federico II Gonzaga tra il 1538 e il 1540; i quadri si trovavano in un piccolo camerino decorato da Giulio Romano nell’Appartamento di Troia del Palazzo Ducale di Mantova.


Durante la breve permanenza alla corte, Francesco Ferdinando d’Avalos chiese a Bernardino Campi di copiare gli undici Cesari di Tiziano e l’artista ne tracciò dei disegni, utili come modelli, aggiungendovi di sua mano il ritratto di Domiziano. Di ritorno a Milano, il pittore realizzò la prima serie di dodici dipinti nella «bella e robusta maniera di Tiziano»


Durante la breve permanenza alla corte, Francesco Ferdinando d’Avalos chiese a Bernardino Campi di copiare gli undici Cesari di Tiziano e l’artista ne tracciò dei disegni, utili come modelli, aggiungendovi di sua mano il ritratto di Domiziano. Di ritorno a Milano, il pittore realizzò la prima serie di dodici dipinti nella «bella e robusta maniera di Tiziano», ricevendo un compenso di duecento scudi e la nomina a ‘familiare’ del Governatore.
Quei disegni, oggi irreperibili, costituirono un prezioso strumento di lavoro per la realizzazione di altre repliche. Le fonti riportano che già nei due anni seguenti Bernardino Campi realizzò altre quattro serie identiche, nei soggetti e nelle misure, da cui l’appellativo di ‘tele da imperatore’ per dipinti di quei formati e quelle dimensioni. La prima fu fatta per l’imperatore Ferdinando I d’Asburgo, la seconda per Fernando Álvarez de Toledo duca d’Alba, la terza per Gonzalo Fernández de Córdoba duca di Sessa, allora nuovo governatore di Milano, e la quarta per Ruy Gómez de Silva, principe di Eboli e influente ministro del re di Spagna Filippo II.

Secondo la ricostruzione dello storico dell’arte Giovanni Sartori, i Cesari di Vespasiano Gonzaga furono eseguiti verosimilmente tra l’estate del 1584 e quella del 1585, prima cioè della nomina del duca al cavalierato del Toson d’oro, onorificenza concessagli da Filippo II.
Nell’autunno 2014, durante una visita al Palazzo Ducale di Sabbioneta, mi soffermai a lungo a osservare la splendida ma ormai disadorna Sala degli Imperatori, priva di quei dipinti che le fonti ricordano come molto ammalorati e oggetto delle requisizioni teresiane del 1774. Mentre ripercorrevo con Sartori le vicende storiche della residenza ufficiale di Vespasiano Gonzaga, l’occhio e il gusto venivano ininterrottamente disturbati dalla presenza invasiva di dodici brutti vasi di fiori dipinti a tempera sul muro da una mano incapace in una data imprecisata, ma verosimilmente risalenti al primo quarto del ventesimo secolo. La loro allocazione nelle nicchie dove un tempo campeggiavano i ritratti dei dodici imperatori romani dipinti da Bernardino Campi, era un vero proprio vulnus visivo pregiudicante la corretta comprensione degli intenti celebrativi del duca, volti all’esaltazione del suo prestigio militare e politico, ormai desumibili unicamente dalle panoplie dipinte a fresco negli angoli del fregio.
In quell’occasione, Giovanni Sartori mi propose un mirabile progetto di riallestimento che decisi all’istante di condividere, impegnandomi al suo fianco per trovare i necessari finanziamenti e ottenere le indispensabili autorizzazioni.

L’intervento prospettato, condotto con metodo storico-filologico, si proponeva un oculato recupero estetico effettuabile con la realizzazione di fotografie digitali dei dodici imperatori, la loro riproduzione su tela, il montaggio su telai e la definitiva posa all’interno delle specchiature che un tempo avevano incorniciato i quadri originali. Il progetto ambiva a offrire un prezioso contributo alla rilettura dello spazio architettonico, sino a quel momento privo dei suoi elementi più caratterizzanti, coprendo la visione dei discordanti dipinti murali e restituendo all’ambiente parte dell’atmosfera che l’aveva caratterizzato per circa due secoli, dal 1585 al 1774.


L’intero intervento di riallestimento, dall’iniziale presentazione del progetto alle autorità competenti sino alla definitiva posa in opera delle tele, dei telai e delle cornici, ha comportato un impegno di dodici mesi.


Il rigore storico era garantito da documenti attestanti l’esecuzione di serie identiche da parte dell’artista cremonese, di cui una, l’editio princeps realizzata per Francesco Ferdinando d’Avalos, ancora integra e di proprietà del Museo Nazionale di Capodimonte, possibilmente riproducibile e idonea allo scopo.
L’intero intervento di riallestimento, dall’iniziale presentazione del progetto alle autorità competenti sino alla definitiva posa in opera delle tele, dei telai e delle cornici, ha comportato un impegno di dodici mesi.
Ottenuta l’autorizzazione alla riproduzione digitale dei Cesari di Capodimonte dal Polo Museale della Campania, il loro posizionamento in Palazzo Ducale ha incontrato il sostegno convinto del Comune di Sabbioneta, proprietario dell’immobile storico, e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Brescia, Cremona e Mantova, che ha autorizzato e controllato l’esecuzione dei lavori.
L’intervento, confermando i criteri sottesi al riconoscimento UNESCO delle città di Mantova e Sabbioneta, si è avvalso del patrocinio della Commissione Nazionale Italiana UNESCO, del MIBACT, di Regione Lombardia, della Provincia di Mantova e del Distretto Culturale Le Regge dei Gonzaga.

Promotore e sponsor dell’operazione è stato il Rotary Club Casalmaggiore Viadana Sabbioneta, un sodalizio del quale presiedo la Commissione Cultura, la cui attività pluridecennale nella salvaguardia e nel recupero di beni storici e artistici del territorio cremonese e mantovano rappresenta un modello di efficiente collaborazione fra pubblico e privato.
Il riallestimento è stato presentato alle autorità civili e alla stampa alla fine del mese di settembre 2015; il tutto è analiticamente descritto in un catalogo, a cura di Gianluca Bocchi e di Giovanni Sartori, dove lo studioso sabbionetano ripercorre con scrupolo scientifico le vicende storiche sottese all’impresa di Bernardino Campi, avvalendosi di una campagna fotografica e di un corredo iconografico di prim’ordine.
Il catalogo è a disponibile gratuitamente inviandone richiesta a galleriadorlane@gmail.com.