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di Leonardo Piccinini

VIAGGIO A VENEZIA

La mostra ricostruisce quel cruciale momento immediatamente successivo alla caduta di Napoleone, nel quale Venezia dominata dall’Austria cercò di risollevarsi dalla perdita di sovranità con l’esaltazione dei propri artisti.

La terra veneta (in questo, purtroppo arcitaliana…) spesso dimentica i propri miti. Li occulta, li trascura.

A Vicenza, la città di Palladio, la Basilica (seconda metà del ‘500), edificio modello per tutta l’architettura neoclassica occidentale, è banalizzata a contenitore di discutibili esposizioni “da scuola dell’obbligo” (ora tocca a Van Gogh); a Venezia, l’altrettanto imponente Scuola Nuova di Santa Maria della Misericordia di Sansovino, da poco restaurata dopo decenni di usi impropri, accoglie “Magister Giotto”, dispendiosa quanto modesta operazione virtuale dedicata al grande artista, il cui vero capolavoro, la Cappella degli Scrovegni di Padova, dista pochi chilometri.

Una cortina fumogena di lussuoso dopolavoro che distoglie dalla conoscenza della straordinaria cultura della Serenissima, densa di tesori spesso sconosciuti agli stessi abitanti…

Per fortuna, esistono ancora luoghi in cui la seria ricerca dello studioso si accompagna al piacere della visita: è il caso delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, che festeggiano i duecento anni dalla loro istituzione nel 1817 con una raffinata e intelligente esposizione (“Canova, Hayez, Cicognara. L’ultima gloria di Venezia”) a cura di Fernando Mazzocca, Paola Marini, Roberto De Feo.

Allestita negli splendidi ambienti a piano terra del complesso della Carità (fino al 2004 sede dell’Accademia di Belle Arti, oggi agli Incurabili), la mostra ricostruisce quel cruciale momento immediatamente successivo alla caduta di Napoleone, nel quale Venezia dominata dall’Austria cercò di risollevarsi dalla perdita di sovranità con l’esaltazione dei propri artisti.


"Promoter della grandezza di Venezia attraverso Antonio Canova, allora l’artista più famoso al mondo, il giovane Francesco Hayez e quel mondo che gravitava intorno all’Accademia"


Promoter della grandezza di Venezia attraverso Antonio Canova, allora l’artista più famoso al mondo, il giovane Francesco Hayez e quel mondo che gravitava intorno all’Accademia (come Giuseppe Borsato, creatore di arredi, scenografie e decori), fu l’energico, brillante, mai domo conte ferrarese Leopoldo Cicognara. Presidente dell’Accademia dalle origini fino al 1825, in occasione delle nozze dell’imperatore Francesco I riuscì perfino a ottenere che la tassa di 10mila zecchini dovuta al sovrano dalle province venete fosse convertita in opere d’arte, commissionate allo scopo e destinate ad arredare la Hofburg di Vienna. Duecento anni dopo molte di queste sono tornate in mostra: è forse la sala più spettacolare quella che le ospita, dal tavolo (oggi a Konopischt, Boemia) in mogano, bronzo e paste vitree a simulazione delle pietre preziose alla magnifica Polimnia di Canova, collocata al centro della sala su una base circolare (memore del bilico girevole che un tempo la sosteneva), capace di suscitare ammirazione oggi come allora: riesce davvero difficile capire come Roberto Longhi, ancora nel 1946 (a quasi sessant’anni…) potesse liquidare il Fidia di Possagno come “scultore nato morto, il cui cuore è ai Frari, la cui mano è all’Accademia e il resto non so dove”...una visita alla mostra veneziana, allestita fino al 2 aprile 2018 (ottimo il catalogo Marsilio / Electa), è davvero il miglior viatico per comprendere l’enorme potenzialità del nostro patrimonio artistico, purchè affidato a sicura competenza, non a una chiassosa improvvisazione.