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di Andrea Daninos

C’è classico e classico

Per gentile concessione de Il Sole 24 Ore proponiamo l'articolo di Andrea Daninos, uscito sullo scorso numero di How to Spend It

Intuition, la bella mostra inauguratasi al museo Fortuny in concomitanza con la Biennale veneziana, si apre con l’opera di Jean-Michel Basquiat Versus Medici del 1982. Parafrasando il titolo la si può certamente definire una felice intuizione poiché pochi giorni dopo in un’asta di Sotheby’s a New York un dipinto dell’artista anch’esso del 1982, Untitled, realizzava la strabiliante cifra di 110,5 milioni di dollari, una cifra che ha stupito la stessa casa d’aste che sembra avesse garantito per l’opera 60 milioni una cifra già considerata molto ottimistica. Pare ormai inutile tentare di comprendere i meccanismi di un mercato che da un lato offre exploits incontrollabili e dall’altro mostra rapide flessioni nei valori di artisti troppo velocemente assurti alla gloria di prime donne del mercato e sino a poco tempo prima ritenuti eleganti epigoni. Un discorso che coinvolge anche alcuni artisti italiani attivi negli anni Sessanta gettati in pasto ad un mercato vorace che troppo spesso come Saturno divora i suoi figli.


"Pare ormai inutile tentare di comprendere i meccanismi di un mercato che da un lato offre exploits incontrollabili e dall’altro mostra rapide flessioni nei valori di artisti troppo velocemente assurti alla gloria di prime donne del mercato..."


Converrà dunque orientarsi, ignorando le facili mode, là dove, per dirla con Baudelaire, tutto è “ordre et beauté, luxe, calme et volupté”. Mi riferisco al collezionismo di antichità classiche, in particolare a quello della scultura in marmo greca e romana, forse la più antica e duratura forma di collezionismo che, dall’antica Roma avida di sculture greche, si protrae nel rinascimento e nel neoclassicismo influenzando secoli di storia dell’arte sino ai nostri giorni quando artisti come Jeff Koons o Francesco Vezzoli ancora si appropriano dell’antica statuaria. Lo stesso Damien Hirst nella sua veneziana mostra “monstre” Treasures from the Wreck of the Unbelievable, rivisita il fascino del ritrovamento archeologico subacqueo con un’estetica kitsch a metà strada tra Topolino esploratore e i Pirati dei Caraibi dispiegando un profluvio di materiali lussuosi perfetti per solleticare gli appetiti dei collezionisti - se possiamo ancora chiamarli tali – ai quali fornire quale corollario delle opere una storia per falsa che sia.


"Nulla di tutto ciò nel ristretto mondo del collezionismo di antichità classiche, al quale va detto bisogna accostarsi con la prudenza necessaria specialmente per quanto riguarda le provenienze..."


Nulla di tutto ciò nel ristretto mondo del collezionismo di antichità classiche, al quale va detto bisogna accostarsi con la prudenza necessaria specialmente per quanto riguarda le provenienze, rifuggendo dalle opere prive di una documentazione seria che eviti di imbattersi in situazioni illecite frutto di scavi clandestini. È dunque un caso davvero eccezionale quello che ha offerto la recente vendita tenutasi a Londra da Sotheby’s che ha proposto una serie di sculture classiche la cui origine, e dunque la vera “storia” talvolta risulta documentata sino dal Quattrocento. Un altare romano del primo secolo dopo Cristo, ad esempio viene già descritto a Roma dal “padre” dell’archeologia Ciriaco d’Ancona nel Quattrocento e le successive vicende dell’oggetto, che includono un passaggio per le mani del celebre scultore e restauratore romano Bartolomeo Cavaceppi nel Settecento, sono tracciate sino a oggi. Per acquistare quest’opera che è anche un raro documento storico sono bastate 47.500 sterline. Per la stessa cifra si poteva optare per una copia romana del Diadumeno dello scultore greco Policleto, una scultura documentata da un disegno realizzato a Roma nel Seicento e che presenta una serie di restauri anch’essi seicenteschi che testimoniano in quale considerazione fossero tenute le opere classiche sovente affidate alle cure di celebri scultori per completarle integrandone le pari mancanti. Ne è prova ulteriore un Apollo, venduto per 56.250 sterline, proveniente dalla celebre collezione romana del cardinale Alessandro Peretti Montalto (1571-1623), dove un abile scultore del Cinquecento ha ricostruito la figura a partire da un frammento del corpo, un’opera dunque che fonde perfettamente gli ideali del Rinascimento con quelli classici.

Talvolta la provenienza delle opere è meno nobile ma piuttosto bizzarra. Quattro figure femminili databili al secondo secolo dopo Cristo, due delle quali provenienti nei primi anni del Novecento dal celebre antiquario fiorentino Stefano Bardini, adornavano la piscina di una villa a Montego Bay in Giamaica, fornendo una perfetta cornice per un celebre toga party che vi si tenne negli anni Settanta.


"Il fascino del movimento e di un panneggio che aderisce alla figura femminile modellandola ha fatto sì che una bella Danzatrice romana del primo secolo abbi realizzato 102.500 sterline contro una stima iniziale assi più prudente."


Il fascino del movimento e di un panneggio che aderisce alla figura femminile modellandola ha fatto sì che una bella Danzatrice romana del primo secolo abbia realizzato 102.500 sterline contro una stima iniziale assi più prudente. Al contrario solo 6.000 sterline sarebbero bastate per acquistare un piccolo busto di Pan dai tratti efficacemente espressivi.

L’asta ha realizzato un totale di circa 4 milioni di euro per 48 opere vendute con prezzi compresi tra le 2.500 e le 728.000 sterline.

Come si vede siamo lontani anni luce dalle cifre e dalle sfavillanti lusinghe del contemporaneo, anche quando si vuole fintamente classico, come nel caso di Damien Hirst per la cui nave carica di illusori tesori può valere come titolo alternativo quello della interessante mostra che in contemporanea si tiene sempre a Venezia nella fondazione Prada:

The Boat is Leaking. The Captain Lied, la barca sta affondando, il capitano ha mentito.